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Feb 17, 2022 | Verdetà n.81

L’intervista- Afghanistan, il grande abbandono

Verdetà n.81

Livia Pandolfi

Novembre 2021

Questa estate l’indignazione è stata altissima. Lasciare l’Afghanistan in mano ai talebani era sembrato a noi occidentali storditi dal Covid, ma ancora con la pancia piuttosto piena, un vero tradimento ai nostri stessi valori. Ma come? Non eravamo andati per esportare democrazia? Non avevano cacciato i cattivi e protetto donne e i deboli dai tagliatori di mani e lapidatori?

A quasi 6 mesi di distanza il Paese, come da copione, si sta inabissando nella cultura violenta e medioevale dei taliban. Ma se la ragione di questo abbandono ci sfugge basta chiedere all’esperto di geopolitica, giornalista, consigliere scientifico e responsabile delle relazioni internazionali di Limes Fabrizio Maronta che allarga l’orizzonte e ci spiega dove vanno gli equilibri internazionali e perché.

Domanda. Siamo a poche settimane da Natale, possiamo fare un’analisi a freddo del grande abbandono dell’Afghanistan?

Risposta. Ora possiamo dircelo senza remore e paura di essere smentiti: questo paese non è prioritario per nessuno. Gli Usa si sono sflilati in modo solo apparentemente precipitoso perché quella di ritirarsi era una intenzione presente già dalla Presidenza Obama. Il motivo è che semplicemente non è più possibile per la più grande potenza occidentale al mondo sostenere i costi in termini di risorse e di uomini su un fronte diventato non primario. Ora per gli Stati Uniti serve concentrare risorse per combattere una battaglia ben più importante, quella sulla quale noi occidentali ci giochiamo il futuro: la supremazia sulla Cina.

D. E ora che succede in Afghanistan?

R. Succede che si tornerà ancora di più l’economia della droga, legata ai mercati ricchi come i nostri. In questo paese la coltivazione dell’oppio è un asset economico già largamente radicato, in parte contrastato in questi ultimi anni in cui si cercava di lavorare per dare delle alternative agli abitanti. Con la presenza dell’esercito americano, delle forze armate occidentali e comunque della cooperazione interazionale qualcosa si cercava di fare. Ora con i taliban è finita.

D. Sa di disfatta totale. Almeno per noi poveri mortali che siamo lontani da certe logiche. Come si comporteranno ora gli americani con questi figuri che ai comuni cittadini sembrano barbari?

 

R. Parleranno con loro. E se ci sembra una cosa oscena non è così. In tutto in mondo i governi occidentali hanno sempre parlato con i cattivi di turno. Penso alla Korea, alla stessa Cina ma ci sono centinaia di esempi in tutti i continenti difficili. Del resto l’Afghanistan non era destinato a diventare un paese dove i diritti delle donne o delle minoranze sarebbero stati rispettati. Non sta nella loro storia e nella loro cultura, almeno al momento. Questa era una nostra pretesa quando l’abbiamo occupato, ma ci siamo dimenticati anche le interferenze estere come quelle del Pakistan e molto altro. In buona sostanza oggi il gioco, per l’occidente, non vale la candela. Del resto noi occidentali abbiamo i nostri bravi problemi.

D. Quali?

R. Abbiamo a che fare con la ripresa economica post Covid e per fortuna l’Italia sta facendo piuttosto bene. Dal punto di vista strettamente sanitario il vaccino ha fatto il suo lavoro e ci stiamo avviando al ripristino della normalità che speriamo avvenga presto. Ma poi sul tavolo abbiamo il confronto Usa-Cina. La Cina dopo una fase di espansione sul mercato esterno vuole potenziarsi internamente e arriva a mirare all’annessione di Taiwan di cui non fa mistero. E’ una operazione di allargamento muscolare della sua supremazia che ovviamente vede opporsi gli Usa.

Fabrizio Maronta

La direzione verso la quale vanno e andranno i paesi occidentali è quella di sganciarsi il più possibile dall’abbraccio cinese. Una necessità che è stata messa in luce proprio dalla pandemia

D. Dobbiamo essere preoccupati?

R. Non è una situazione da liquidare in modo semplicistico. Ad esempio si aprirà un problema di scarsità di materie prime: dal gas ai semiconduttori e – in prospettiva – a tutti quei metalli rari che servono per le tecnologie del futuro. Nella transizione energetica e digitale servono il litio, il cobalto, il tellurio necessari per i dispositivi high-tech. Inoltre la direzione verso la quale vanno e andranno i paesi occidentali è quella di sganciarsi il più possibile dall’abbraccio cinese. Una necessità, questa, che è stata messa in luce proprio dalla pandemia quando persino le mascherine erano introvabili a causa della nostra dipendenza dalla Cina.

D. Come possiamo fare a sganciarci economicamente dalla Cina?

R. Non ci resta che ristrutturare le filiere produttive e portarci a casa di nuovo, almeno in modo maggioritario, quelle strategiche. Penso a quelle dei conduttori, dei farmaci generici. Ma ci sono molti altri esempi. In alcuni settori possiamo solo renderci indipendenti parzialmente in altri è necessario non essere interdipendenti.

D. E l’Italia in questo contesto come si pone?

R. Ad oggi abbiamo la grande opportunità di sfruttare l’attuale situazione, con l’appoggio francese e americano. Ovvero poter superare le vecchie regole europee che impongono vincoli di bilancio strettissimi. Possiamo immaginare di poter andare verso un quadro regolatorio più flessibile di quello che hanno imposti i tedeschi e i paesi cosiddetti frugali negli ultimi anni. Inoltre i fondi del Recovery Found potrebbero darci quella spinta propulsiva verso una ripresa strutturale e duratura che poi è quello di cui noi abbiamo bisogno. Con la spinta del PNRR, però, noi dobbiamo decidere di affrontare quelle riforme strutturali che sono il nostro grande problema: PA, burocrazia, giustizia ecc. Insomma questa è la nostra sostanziale ultima occasione per una svolta strutturale, l’unica, che abbiamo al momento all’orizzonte.

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